Via (ex Vicolo) dei Lorenesi (R. VI – Parione) (da Via di Santa Maria dell'Anima a piazza Navona)
La via ha preso il nome dalla chiesa (vedi Largo Febo - Ponte), che è sull’angolo con via dell’Anima, dedicata a S. Nicolò [1] (in agone, de cryptis agonis, de agonibus, in angonia) de’ Lorenesi che la ebbero da Gregorio XV (Alessandro Ludovisi - 1621-1623) nel 1622. Ridotta dal tempo “in ruina" fu riedificata con le pietre del vicino stadio e terminata nel 1636, sotto Urbano VIII (Maffeo Barberini - 1623-1644).
La sua campana anticamente suonava a un’ora e mezzo di notte "per esortare i fedeli a pregare per la conversione dei peccatori".
Ebbe per Rettore un certo abate Giannini, che preoccupato che "i cacciatori, di ottobre" perdessero la messa per andare a caccia, alle tre del mattino, faceva suonare furiosamente la campana della sua chiesa, svegliando tutto il vicinato. I cacciatori un po' per devozione e un po' per curiosità accorrevano alla chiesa. E il buon abate si faceva trovare con la pianeta, ma prima di cominciare la messa intonava un ritornello che diceva: "Maria degli occhi belli - Fate che tutti questi cacciatori - Ne possino ammazzà molti d’uccelli".
Né a questo solo si limitava l’attività campanaria. Quando il vicino teatro Ornani [2] (l’attuale magazzino, Monamì [3], di ferrami, già Ricchi Quarti) attirava ai suoi spettacoli i Romani, che disertarono così la sua chiesa, l’abate Giannini faceva suonare a stormo e a quelli che accorrevano faceva trovare la chiesa illuminata, ed una volta dentro non ne potevano uscire senza aver ascoltato la lunga predica dell’abate che l’aveva intrappolati chiudendo a chiave la porta del tempio" [4].
Nel teatro Ornani vi si rappresentavano farse e commedie popolari e specialmente le “Pulcinellate” [5]. Vi fu in origine recitata l’operetta del seicentista Giuseppe Berneri (1637-1701) “Meo Patacca er greve” e “Meo Patacca la crapetta” (vile), ancora in voga nel XIX sec. Quest’operetta fu ridotta dallo stesso Giuseppe Berneri in un suo poemetto che riguarda una disegnata spedizione di romaneschi contro i Turchi, alle porte di Vienna.
Verso il 1890 si sentiva ancora cantare per Roma: “Allarmi, allarmi, la campana sona – li Turchi so’ arivati a la marina – de Roma vonno avé la gran corona – Amore mio nun te scordà de mé – s’annassi in capo ar monno – penserò sempre a té”. E il popolo, per sfogarsi di qualche contrarietà, inveiva: “Mannaggia Marco Pepe e Meo Patacca".
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[1] ) Prossimo alla torre Malpiglia (XII-XIII sec.) “que fuit de Malpiliis, cui ab uno latere est agone”.
[2] Il teatrino, dalla fine del XVII sec., vi ebbe stanza sin verso il 1850.
[3] Ora scomparso e sostituito da una trattoria ai numeri 4, 5 e 6 di palazzo de Cupis.
[4] ) Vedi "via di Santa Maria dell’Anima" (Parione).
[5] ) Pulcinellate - Furono così chiamate a Roma farse e commedie che, per almeno tre secoli, ebbero a protagonista la maschera napoletana. L’etimologia di “Pulcinella” sarebbe per alcuni il nome dell’inventore della maschera: "Puccio d’Aniello" e per altri il dialettale "pollicino" (pulcino), donde il diminutivo "polliciniello" per gli occhi tondi, e il naso da gallina, la voce stridula. E questa è l'etimologia accettata da Benedetto Croce. Si davano al Teatro del Mascherone di Farnese, in via Giulia, di cui si hanno notizie sino dal 1724: al Teatro de’ Granari durato fin verso il 1850; nella sala Ruccellai al Corso, incontro al palazzo Ruspoli, dove funzionò fino al 1733, e fu abbattuto per la costruzione di una casa di proprietà dei padri Trinitari (ora Largo Goldoni 47); al teatro presso Santa Lucia della Trinità, attivo fino al 1724 e presso anche i Teatri Pallacorda nella via omonima; al Valle, Tordinona ed Ornani (Piazza Navona). Molti furono gli artisti romani che nel ‘600, ‘700 ed ‘800 rappresentarono Pulcinella (Q. Tonti +1694; Bartolomeo Cavallucci; Francesco Barese; Argeri; Pasquale Romito; Giuseppe Trabalza, che recitava al Capranica; Placidi all’arco dei Saponari, arco demolito nel 1930, e fino ai primi del 1900 a piazza Pepe e alla sala Giraudi – Piazza Polli; Romeo Vergellini, cui seguì, più tardi, Ettore Petrolini) e moltissimi i napoletani. Anche nei locali dell’attuale farmacia Roberti, al palazzo Fiano, ora Almagià, Pulcinella e Cassandrino, animati dallo spirito del gioielliere Filippo Teoli, vi criticavano i fatti del giorno.
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